Antiche proteine estratte da un dente fossilizzato di un rinoceronte, risalenti a oltre 20 milioni di anni fa, sono state sequenziate in un innovativo studio condotto da un team di ricerca internazionale. Il dente, rinvenuto in Canada e appartenente a un esemplare vissuto nel Miocene inferiore, rappresenta un passo significativo nella paleoproteomica, una disciplina che promette di rivelare dettagli inediti sull’evoluzione biologica, superando le limitazioni del DNA antico. La ricerca è stata pubblicata su Nature e diretta dal biochimico Enrico Cappellini dell’Università di Copenaghen.
Collaborazione italiana e reperti fossili
Il progetto ha visto una forte partecipazione italiana, con il coinvolgimento della Sapienza Università di Roma, dell’Università di Tor Vergata e del Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Firenze. Questi istituti hanno fornito e analizzato un dente di rinoceronte risalente a circa 400.000 anni fa, rinvenuto nel sito di Fontana Ranuccio, in provincia di Frosinone. Questo reperto ha svolto un ruolo cruciale, fungendo da punto di riferimento tra i campioni più recenti, come esemplari medievali, e quello molto più antico oggetto dello studio.
Una nuova era per la paleoproteomica
La ricerca rappresenta una vera e propria svolta per la paleoproteomica, il campo che si occupa dell’analisi delle proteine antiche. Fino ad ora, erano state rinvenute alcune proteine in fossili del Miocene medio-superiore, risalenti a non più di 10 milioni di anni fa. Tuttavia, ottenere sequenze dettagliate per costruire ricostruzioni robuste delle relazioni evolutive era limitato a campioni non più vecchi di 4 milioni di anni. Questo nuovo studio amplia notevolmente la finestra temporale per l’analisi delle proteine, dimostrando la straordinaria capacità di persistenza delle proteine su scale temporali geologiche estese, a condizione che si trovino in ambienti favorevoli.
Grazie a queste scoperte, la paleoproteomica si avvia verso un futuro ricco di potenzialità, aprendo la strada a nuove ricerche che potrebbero svelare ulteriori dettagli sull’evoluzione delle specie nel corso dei millenni.