Attacchi aerei sui grattacieli: Katz avverte, ‘l’inferno si scatena a Gaza City’

Israele intensifica i raid su Gaza City dopo 700 giorni di guerra, distruggendo grattacieli e aumentando le tensioni con Hamas e la comunità internazionale.

Raggiunto il drammatico traguardo di 700 giorni di guerra, il 2 dicembre 2025, Israele ha intensificato la sua campagna militare su Gaza City, ordinando all’IDF di abbattere i grattacieli della città. In un attacco aereo coordinato, la torre Al-Mushtaha è stata distrutta, ricoprendo di fumi e detriti le tende circostanti. L’IDF ha affermato che nell’edificio erano presenti infrastrutture utilizzate da Hamas per condurre attacchi. Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha dichiarato che con questo raid, Israele ha “aperto la porta dell’inferno a Gaza”.

Le conseguenze del raid su Gaza City

La campagna militare di Israele ha portato a un aumento significativo delle operazioni dell’IDF. Katz ha avvertito che “quando la porta si apre, non si chiude più”, promettendo un’intensificazione dei raid fino a quando gli appartenenti a Hamas non accetteranno le condizioni israeliane per porre fine al conflitto. Nel frattempo, Hamas ha ricordato che ci sono ancora ostaggi israeliani vivi nella Striscia, i cui destini sono incerti. In un video pubblicato dai miliziani, due ostaggi, Guy Gilboa-Dalal e Alon Ohel, appaiono in condizioni precarie e chiedono che “tutto questo finisca”.

Il filmato, della durata di 28 secondi, mostra Gilboa-Dalal che afferma di essere detenuto dalle Brigate al-Qassam a Gaza City. Con un’espressione angosciata, chiede di tornare dalle proprie famiglie. Le immagini proseguono con un incontro tra Gilboa-Dalal e Ohel, ma i familiari di Ohel hanno scelto di non diffondere le immagini, esprimendo preoccupazione per le condizioni del giovane, che ha subito gravi danni alla vista.

Il numero degli ostaggi e le posizioni delle parti coinvolte

Dei 251 ostaggi rapiti durante l’attacco del 7 ottobre 2023, 47 si trovano ancora a Gaza. Secondo l’esercito israeliano, 25 di questi sono già deceduti, mentre le condizioni degli altri restano incerte. Durante un incontro con i familiari degli ostaggi, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ribadito che “nessun video di propaganda malevola indebolirà la nostra determinazione” a raggiungere gli obiettivi fissati, che includono il rilascio di tutti gli ostaggi, il disarmo di Hamas, la smilitarizzazione della Striscia di Gaza e l’istituzione di un’amministrazione civile alternativa.

Nonostante l’annuncio di Hamas di essere pronto a un accordo per porre fine al conflitto, il governo israeliano ha mantenuto la sua posizione. “La guerra può terminare immediatamente alle condizioni stabilite da Israele”, ha dichiarato un portavoce del governo, mentre i raid su Gaza City continuano. Hamas ha condannato gli attacchi come “crimini contro l’umanità”, accusando Israele di attuare un piano criminale per costringere la popolazione a sfollamenti forzati.

Le reazioni internazionali e le tensioni regionali

Le operazioni militari di Israele hanno sollevato preoccupazioni anche a livello internazionale. Il ministro degli Esteri egiziano, Badr Abdelatty, ha dichiarato che lo sfollamento dei civili è una “linea rossa” e non verrà tollerato, avvertendo che ciò equivarrebbe alla fine della causa palestinese. Ha descritto la situazione nella Striscia come un “genocidio” in atto.

La Commissione Europea ha cercato di fare chiarezza sulla questione, sottolineando che non spetta a loro definire se si tratti di crimini contro l’umanità o genocidio, lasciando tale valutazione alle corti internazionali competenti. Le tensioni tra Israele e i suoi vicini continuano a crescere, mentre la comunità internazionale osserva con preoccupazione l’evolversi della situazione nella regione.

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