L’occupazione della Cisgiordania da parte di Israele comporta perdite economiche ingenti per la popolazione palestinese, con un costo annuale che si traduce in miliardi di dollari. Negli ultimi due anni, la povertà ha subito un incremento significativo, passando dal 12% al 28%, mentre il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 35%, raddoppiando rispetto a ottobre 2023. L’occupazione ha portato a espropri sempre più estesi, demolizioni di abitazioni, sfollamenti forzati e un’espansione continua degli insediamenti israeliani, considerati illegali secondo il diritto internazionale. Questi eventi stanno avendo un impatto devastante sulla vita delle comunità palestinesi, mentre le istituzioni governative e le aziende dell’Unione Europea e del Regno Unito continuano a sostenere questo stato di cose.
Le denunce di Oxfam e delle organizzazioni umanitarie
Il 15 aprile 2025, Oxfam, insieme a una rete di decine di organizzazioni umanitarie e della società civile, ha lanciato un rapporto e una nuova campagna intitolata “Stop al commercio con gli insediamenti illegali“. Questa iniziativa chiede all’Italia, all’Unione Europea, agli altri Stati membri e al Regno Unito di intraprendere azioni concrete per vietare gli scambi commerciali con gli insediamenti dei coloni israeliani, situati in Cisgiordania occupata, inclusa Gerusalemme Est. La campagna si propone di attirare l’attenzione sulla gravità della situazione economica e umanitaria dei palestinesi, sottolineando l’urgenza di adottare misure che possano contribuire a fermare l’espansione degli insediamenti.
A un anno dall’approvazione della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che ha esortato Israele a porre fine all’occupazione entro settembre 2025, la risposta di Israele è stata quella di intensificare i propri piani di espansione. Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia, ha dichiarato che l’oppressione delle comunità palestinesi da parte di Israele è diventata sempre più opprimente. Secondo Pezzati, questa strategia mira a frammentare l’economia della Cisgiordania e ostacolare la creazione di un futuro Stato palestinese. Porre fine al commercio con gli insediamenti è dunque visto come un passo fondamentale per sostenere i diritti umani e garantire i mezzi di sussistenza della popolazione palestinese.
Le conseguenze dell’occupazione: espropri e demolizioni
Dal 1967, anno dell’occupazione della Cisgiordania, Israele ha espropriato circa 2.000 chilometri quadrati di territorio per la costruzione e l’espansione degli insediamenti. Negli ultimi quattro anni, questa attività ha subito un’accelerazione senza precedenti, culminando recentemente con l’approvazione di un piano per la costruzione di 3.400 nuove unità abitative in un’area che collega Gerusalemme Est all’insediamento di Ma’ale Adumim. Questo progetto ha l’effetto di interrompere la circolazione dei palestinesi tra le diverse zone della Cisgiordania, aggravando ulteriormente la crisi umanitaria.
L’aumento degli espropri e delle demolizioni ha portato a un numero crescente di sfollamenti forzati, costringendo molte famiglie a lasciare le proprie abitazioni. Gli insediamenti israeliani, che oggi occupano il 42% della Cisgiordania, continuano a espandersi, mentre la comunità internazionale sembra impotente di fronte a questa situazione. L’occupazione non solo compromette i diritti umani dei palestinesi, ma ha anche conseguenze dirette sull’economia locale, rendendo sempre più difficile la vita quotidiana e il sostentamento delle famiglie palestinesi.