Ultimatum degli Stati Uniti a Israele: riprendono gli aiuti umanitari a Gaza

Cinque camion di aiuti umanitari entrano a Gaza dopo due mesi di blocco, mentre la pressione degli Stati Uniti spinge Israele a considerare la cessazione dei combattimenti.

Cinque camion carichi di aiuti umanitari e cibo per bambini hanno fatto il loro ingresso a Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom, segnando un evento significativo dopo due mesi e mezzo di blocco. Questo sviluppo è stato reso possibile grazie all’annuncio del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, avvenuto domenica sera, al termine di una riunione di governo particolarmente intensa. L’azione è stata fortemente influenzata dalla pressione esercitata dagli Stati Uniti, che hanno inviato un chiaro messaggio a Israele: “Se non terminate le ostilità, vi lasceremo soli”, come riportato dal Washington Post.

Pressione americana su Israele

Negli ultimi giorni, il governo americano ha intensificato il suo pressing su Tel Aviv. Infatti, per la prima volta, Netanyahu ha dichiarato che i colloqui in corso a Doha includono anche la questione della cessazione dei combattimenti. Caroline Leavitt, portavoce della Casa Bianca, ha affermato che “il presidente desidera la fine della guerra a Gaza” e ha chiarito ad Hamas che è necessario il rilascio di tutti gli ostaggi. La decisione di Netanyahu di riaprire i valichi è stata il risultato di una serie di colloqui telefonici con l’inviato della Casa Bianca, Steve Witkoff, scatenando una reazione di rabbia tra i partiti della destra israeliana, che si sono sentiti esclusi dalla decisione. In un video diffuso sui social, Netanyahu ha giustificato la sua scelta, affermando: “Non possiamo permettere che si arrivi a una situazione di carestia a Gaza. La pressione stava superando una linea rossa“.

Reazioni internazionali e offensiva militare

I principali alleati di Israele hanno espresso la loro impossibilità ad accettare immagini di fame e carestia, avvertendo che, in tal caso, non avrebbero più potuto offrire il loro supporto. Nel frattempo, l’esercito israeliano ha intensificato l’offensiva Carri di Gedeone nella Striscia di Gaza, dichiarando come zone di guerra Khan Younis, Bani Suheila e Abasan, nel sud dell’enclave. I residenti sono stati avvisati di evacuare urgentemente verso al-Mawasi per sfuggire a quella che è stata definita “un’offensiva senza precedenti per distruggere le organizzazioni terroristiche“. Il piano militare prevede non solo operazioni belliche, ma anche lo sfollamento della popolazione, con l’obiettivo di isolare i residenti da Hamas.

Proteste a Gaza

Le immagini provenienti da Khan Younis mostrano i profughi in movimento verso ovest, subito dopo l’avviso del portavoce di Tsahal. Poche ore dopo, centinaia di persone hanno manifestato nella città meridionale di Gaza contro la guerra e contro Hamas, chiedendo all’organizzazione di lasciare la Striscia. Questa protesta è giunta dopo settimane di silenzio, seguite da marce che avevano provocato una reazione violenta da parte di Hamas, con almeno due manifestanti uccisi. In un video diffuso da al Arabiya, i dimostranti, tra le tende e le macerie, hanno esclamato: “Vogliamo vivere, non riusciamo a trovare un sostentamento. Dove andrà la gente di Gaza? Fermate la guerra e gli sfollamenti“.

Visita annullata e dichiarazioni internazionali

Il vicepresidente americano J.D. Vance stava considerando un viaggio in Israele per martedì, dopo aver partecipato alla messa di insediamento del Papa in Vaticano, ma la visita è stata annullata a causa dell’escalation delle operazioni militari. Nel frattempo, Gran Bretagna, Francia e Canada hanno emesso una dichiarazione congiunta, chiedendo a Israele di fermare immediatamente le operazioni militari a Gaza e di revocare le restrizioni all’ingresso degli aiuti umanitari. I ministri degli Esteri di 22 Paesi hanno esortato il governo di Gerusalemme a ripristinare senza indugi gli aiuti a Gaza.

Crisi umanitaria a Gaza

Il segretario generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha lanciato un allarme sulla crisi umanitaria a Gaza, affermando che “due milioni di persone muoiono di fame” a seguito dell’ultimo blocco, con 116mila tonnellate di cibo bloccate al confine. Durante la presentazione del suo rapporto sul 2024, in occasione della 78° Assemblea mondiale della sanità a Ginevra, Ghebreyesus ha sottolineato come il rischio di carestia stia aumentando a causa della sospensione degli aiuti umanitari, inclusi i prodotti alimentari.

L’aumento delle ostilità, gli ordini di evacuazione e la riduzione degli spazi umanitari stanno causando un incremento delle vittime in un sistema sanitario già in crisi. Le persone muoiono a causa di malattie prevenibili, mentre i medicinali rimangono bloccati alla frontiera e gli attacchi agli ospedali negano le cure necessarie. Nonostante l’evacuazione di oltre 7.300 pazienti, più di 10mila necessitano ancora di evacuazione per motivi medici. Ghebreyesus ha chiesto agli Stati membri di accettare più pazienti e ha invitato Israele a consentire le evacuazioni e l’ingresso di cibo e medicine urgenti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità è pronta a intervenire rapidamente per fornire assistenza, se e quando sarà consentito l’ingresso degli aiuti.

Add a comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *