Un team di astronomi ha recentemente identificato un nuovo possibile esemplare di buco nero di massa intermedia, un fenomeno estremamente raro che funge da ponte tra i buchi neri di massa stellare e quelli supermassicci. La sorgente di raggi X, denominata Ngc 6099 Hlx-1, è stata scoperta all’interno di un ammasso globulare situato in una galassia ellittica gigante. Questa importante scoperta è stata effettuata grazie agli strumenti del telescopio spaziale Hubble e dell’osservatorio a raggi X Chandra della NASA. I risultati della ricerca, che hanno visto la partecipazione del ricercatore Roberto Soria dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Torino, sono stati pubblicati su The Astrophysical Journal.
Le caratteristiche dei buchi neri di massa intermedia
I buchi neri di massa intermedia possiedono masse che variano da alcune centinaia a centinaia di migliaia di volte quella del Sole. Questi oggetti celesti sono noti per la loro elusività, poiché non sono né troppo grandi né troppo piccoli. La loro natura li rende spesso invisibili, in quanto non consumano gas e stelle con la stessa intensità dei buchi neri supermassicci, i quali emettono radiazioni potenti e risultano quindi più facilmente osservabili. La scoperta di Ngc 6099 Hlx-1 segna un passo significativo nella comprensione di queste entità misteriose.
La posizione di Ngc 6099 Hlx-1
Il nuovo possibile esemplare di buco nero, individuato grazie a Hubble e Chandra, si trova alla periferia della galassia Ngc 6099, a una distanza di circa 40.000 anni luce dal suo centro. La galassia stessa si trova a circa 450 milioni di anni luce dalla Terra, nella costellazione di Ercole. L’emissione di raggi X proveniente da Ngc 6099 Hlx-1 ha una temperatura di 3 milioni di gradi, il che suggerisce che il buco nero intermedio potrebbe essere in fase di “spuntino”; infatti, Hubble ha rilevato un piccolo ammasso stellare nelle vicinanze, che potrebbe fornire un abbondante rifornimento di materia.
Osservazioni e prospettive future
Il presunto buco nero di massa intermedia è stato osservato per la prima volta nel 2009 e ha raggiunto la sua massima luminosità nel 2012. Successivamente, la sua luminosità ha mostrato un trend decrescente fino al 2023. Roberto Soria si pone domande sul futuro di questo oggetto: “Se sta mangiando una stella, quanto tempo impiegherà per inghiottirne il gas?”. Gli astronomi sono ora in attesa di ulteriori osservazioni per determinare se ci saranno altri picchi di attività oppure se la luminosità continuerà a diminuire fino a scomparire. La scoperta di Ngc 6099 Hlx-1 rappresenta un’importante opportunità per approfondire la nostra comprensione dei buchi neri e della loro evoluzione nell’universo.