Un gruppo di scienziati ha recentemente sviluppato dei frammenti di anticorpi, noti come nanocorpi, capaci di ripristinare la funzionalità di una proteina essenziale per i neuroni, la quale risulta difettosa nella malattia di Parkinson. Questo innovativo risultato, che potrebbe aprire la strada a nuove terapie, è stato pubblicato il 2 gennaio 2025 sulla rivista Nature Communications. Il team di ricerca, coordinato dall’Università di Padova in collaborazione con il Vib-Vub Center for Structural Biology di Bruxelles, ha messo a punto questo approccio promettente.
Il ruolo della glucocerebrosidasi nel Parkinson
Uno dei principali fattori di rischio nell’insorgenza della malattia di Parkinson è il malfunzionamento dell’enzima glucocerebrosidasi, il quale è responsabile della degradazione di specifiche classi di lipidi all’interno dei lisosomi, considerati gli “inceneritori” cellulari. Mutazioni nel gene che codifica per la glucocerebrosidasi possono compromettere la stabilità e l’attività dell’enzima, portando all’accumulo di materiale intracellulare non digerito. Questo accumulo può danneggiare le funzioni cellulari fondamentali, contribuendo così all’insorgenza della malattia.
Nicoletta Plotegher, docente del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, spiega che uno dei metodi per ripristinare la funzione della glucocerebrosidasi è quello di stabilizzarla o attivarla tramite l’uso di chaperoni molecolari. Queste molecole sono in grado di legarsi all’enzima, tuttavia, la maggior parte di esse si attacca al sito attivo, limitando così l’efficacia dell’enzima stesso. Il team di ricerca ha quindi ideato un approccio innovativo utilizzando i nanobodies, piccoli frammenti di anticorpi derivati dai camelidi, per migliorare la funzione della glucocerebrosidasi. Grazie a un finanziamento dalla Fondazione Michael J. Fox, i ricercatori hanno identificato nanobodies capaci di stabilizzare o attivare l’enzima, legandosi a regioni distanti dal sito attivo.
I risultati dello studio
I risultati ottenuti dallo studio hanno dimostrato che i nanocorpi possono migliorare significativamente l’attività della glucocerebrosidasi in cellule coltivate in laboratorio. Inoltre, hanno mostrato un potenziale nel migliorare la funzionalità di una versione mutata dell’enzima, frequentemente associata alla malattia di Parkinson. Questo rappresenta un passo importante verso lo sviluppo di nuove terapie per i pazienti affetti da questa patologia neurodegenerativa.
Chiara Sinisgalli, prima autrice dello studio, ha sottolineato che i risultati sono ancora preliminari, ma offrono la possibilità di immaginare nuove terapie per i malati di Parkinson. Per tradurre queste scoperte in strategie terapeutiche concrete, il team di ricerca prevede di continuare gli studi, concentrandosi in particolare su come facilitare l’accesso di questi nanobodies alle cellule cerebrali danneggiate. La ricerca prosegue con l’obiettivo di sviluppare metodi efficaci per il trattamento della malattia, rappresentando una speranza significativa per i pazienti e le loro famiglie.