L’Iran replica a Trump lanciando missili contro una base in Qatar

L’Iran risponde all’attacco statunitense con un bombardamento mirato su Al Udeid, mentre la situazione in Medio Oriente rimane instabile e le tensioni aumentano.

Due giorni dopo l’intenso bombardamento statunitense sui siti nucleari iraniani, la risposta della Repubblica Islamica si è manifestata in un attacco mirato alla base militare americana di Al Udeid, in Qatar. Questo intervento, sebbene significativo, è stato condotto con cautela e anticipato da avvertimenti.

Nella giornata del 5 febbraio 2025, forti esplosioni sono state segnalate a Teheran, in concomitanza con l’ordine di evacuazione emesso dall’esercito israeliano (IDF) per una zona centrale della capitale iraniana, come riportato dall’agenzia AFP.

Dettagli dell’attacco a Al Udeid

Il bombardamento ha visto il lancio di dieci missili contro Al Udeid, la principale base militare statunitense in Medio Oriente, che ospita oltre 10.000 soldati e le operazioni dello US Central Command. I pasdaran hanno affermato che sei dei missili hanno colpito l’installazione, mentre un portavoce del Qatar ha dichiarato che tutti i proiettili sono stati intercettati, senza causare vittime. Il New York Times ha avanzato l’ipotesi che l’attacco fosse frutto di una pianificazione congiunta tra Teheran e Doha, mirata a garantire che la risposta iraniana rimanesse simbolica. Anche in Iraq è scattata l’allerta, ma le notizie di un missile diretto verso una base americana sono state successivamente smentite dalle autorità locali e dai militari statunitensi. Tuttavia, colpi di mortaio da parte di milizie filo-iraniane hanno colpito una struttura in Siria.

Reazioni e misure precauzionali

Prima dell’attacco, i media americani hanno diffuso notizie di un “attacco imminente”, portando Doha a chiudere il proprio spazio aereo come misura di sicurezza. Le ambasciate di Stati Uniti, Cina e Regno Unito hanno esortato i propri cittadini a rimanere nelle loro abitazioni. Questa strategia di Teheran sembra mirare a limitare il conflitto con Washington, optando per un bersaglio che minimizzasse il rischio di escalation. L’analista politico Ian Bremmer ha sottolineato che colpire Al Udeid offre una risposta visibile al pubblico iraniano, senza esporre il regime a ulteriori rischi.

La propaganda iraniana e le prospettive future

Nonostante la cautela, la televisione di Stato iraniana ha celebrato l’operazione ‘Benedizione della Vittoria’, affermando che Teheran ha risposto con forza all’aggressione americana, mentre Donald Trump si riuniva con il suo consiglio di sicurezza. I pasdaran hanno avvertito che il messaggio per la Casa Bianca è chiaro: l’Iran non tollererà aggressioni senza risposta. Fonti della CNN riferiscono che il presidente statunitense è riluttante a un maggiore coinvolgimento militare in Medio Oriente, ma la situazione rimane instabile, con la possibilità di attacchi da parte di milizie filo-iraniane o cellule dormienti negli Stati Uniti.

Il regime iraniano sta cercando di trarre vantaggio dalla vendetta come mezzo per rafforzare la propria posizione interna, in un contesto di crescente malcontento popolare e pressioni esterne. Ali Khamenei, attualmente sotto stretta sorveglianza delle Guardie Rivoluzionarie, ha ripreso a comunicare tramite social media, promettendo di continuare le punizioni contro Israele. Nel frattempo, le voci su un possibile successore per Khamenei si intensificano, con la commissione designata per identificare il nuovo leader che accelera i lavori. Tra i candidati principali figurano Mojtaba Khamenei, figlio dell’attuale leader, e Hassan Khomeini, nipote del fondatore della Repubblica islamica.

Khomeini, sostenitore della fazione riformista, gode di rispetto tra gli alti prelati e le Guardie Rivoluzionarie grazie alla sua discendenza, e potrebbe rappresentare un’opzione più conciliatoria rispetto a Mojtaba, che è visto come un continuatore delle politiche rigide del padre.

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