Al Large Hadron Collider (LHC) del CERN di Ginevra, il più grande acceleratore di particelle al mondo, è stata finalmente registrata un’importante scoperta riguardante il misterioso ‘duello’ tra materia e antimateria. Questa scoperta ha rivelato che la materia prevale anche nelle particelle subatomiche note come barioni, che costituiscono la maggior parte della materia osservabile dell’universo. Tale asimmetria era già stata documentata in altre particelle subatomiche, ma mai prima d’ora nei barioni. Questo risultato significativo è stato raggiunto grazie all’esperimento LHCb, uno dei quattro esperimenti operativi presso il CERN, e pubblicato sulla rivista Nature. Un ampio gruppo di ricercatori italiani dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) ha contribuito all’analisi, provenendo da centri di ricerca che spaziano da Frascati a Firenze, da Milano a Cagliari, da Genova a Bari.
Il contesto teorico dell’osservazione
Secondo le teorie attuali, al momento del Big Bang, materia e antimateria esistevano in quantità perfettamente equivalenti. Tuttavia, la materia ha avuto la meglio sull’antimateria, come dimostrano le osservazioni del nostro universo attuale. Questo squilibrio è ritenuto dovuto a una differenza di comportamento tra le due forme di materia. Vincenzo Vagnoni, dell’INFN di Bologna e capo della collaborazione internazionale di LHCb, ha dichiarato all’ANSA: “Viviamo in un universo di materia. Se la simmetria fosse stata perfetta, materia e antimateria si sarebbero annichilite a vicenda, lasciando solo radiazione, e l’universo come lo conosciamo non sarebbe mai esistito”.
Le differenze tra materia e antimateria sono minime, tanto che subito dopo il Big Bang, gran parte delle particelle di entrambe le forme si sono effettivamente annichilite. La radiazione cosmica di fondo, che rappresenta la luce generata da queste annichilazioni iniziali, testimonia questo fenomeno. Tuttavia, solo un numero esiguo di particelle di materia è riuscito a sopravvivere, e il motivo di questa sopravvivenza rimane ancora sconosciuto.
Le implicazioni della scoperta
Vagnoni sottolinea che la differenza prevista dal Modello Standard della fisica non è sufficiente per spiegare gli eventi che si sono verificati nei primissimi istanti dell’universo. Ciò suggerisce che esistono fenomeni non ancora osservati, come nuove particelle e interazioni, che potrebbero spiegare l’asimmetria materia-antimateria in modo più dettagliato. “Nelle misurazioni effettuate finora – continua Vagnoni – potrebbero nascondersi indizi di nuova fisica che potrebbero aiutarci a chiarire questa asimmetria, ma non possiamo affermarlo con certezza”.
La prima evidenza di asimmetria risale al 1964, ma per i barioni il compito di rilevare questa differenza è stato più complesso. Le dimensioni ridotte della differenza e la necessità di strumenti di rilevazione sufficientemente potenti per produrre e analizzare un numero adeguato di barioni hanno reso difficile questa osservazione.
Prospettive future e sfide da affrontare
“Ci sono voluti molti barioni – conclude Vagnoni – e un rivelatore, come LHCb, sufficientemente potente da raccogliere le migliaia di eventi necessari per osservare questa piccola asimmetria. Finora, LHCb ha collezionato solo un trentesimo della totalità dei dati che raccoglierà nel corso della sua vita operativa. Siamo quindi ancora all’inizio, nonostante il tempo trascorso: lo scorso anno abbiamo ottenuto più dati di tutti i 15 anni precedenti messi insieme. C’è quindi ancora molto da capire e la speranza è che l’energia dell’LHC possa essere sufficiente per identificare le discrepanze col Modello Standard che sappiamo esistere”.